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12 giugno 2009

Museo Archeologico di Odessa

di Orlando Pandolfi

Archeological MuseumIl Museo Archeologico di Odessa è uno dei più antichi di Russia e nell'Unione Sovietica.
È stato fondato nel 1825 su iniziativa di un gruppo di intellettuali progressisti della città.
Inizialmente esso fu costituito raccogliendo una serie di piccole collezioni di oggetti de l'antiquité private ma con il tempo il Museo si è trasformato nella più importante raccolta di reperti archeologici relativi a tutta la storia delle coste settentrionali del Mar Nero.

Lo sviluppo del Museo è strettamente legato alla Società della Storia e delle Antichità di Odessa, fondata nel 1839, che per prima ottenne la concessione ufficiale di ricerca archeologica a sud della Russia.
A partire da questo periodo il Museo ha effettuato numerosi studi archeologici di questo territorio.
Le sale di esposizione ed i magazzini dei Museo sono ricchi di reperti rinvenuti questi studi.

Già nel 1839 il Museo aveva intrapreso una campagna di scavo di alcuni dei più interessanti monumenti di Leuche-isola dei Serpenti-isola Zmeinyj- dove è stato tra l'altro messo alla luce il santuario di Achille nel 1845, hanno quindi preso il via le ricerche nella città di Olbia.
Nel 1920, dopo la rivoluzione bolscevizca, il Museo è stato nazionalizzato e, durante le vicende belliche dell'ultimo conflitto mondiale, le sue collisioni hanno riportato ingenti danni. Solo al termine della guerra parte dei reperti, libri e manoscritti trafugati dalle forze di occupazione sono tornati al loro posto.

Attualmente il Museo è un grande centro di ricerche archeologiche nel sud-ovest dell'Ucraina, e possiede più di 150 mila pezzi di assoluto valore che formano una delle più grandi collezioni sulle coste settentrionali del Mar Nero. L`arco di storia russa coperto è vastissimo e va dal Paleolitico alle Russie Kiévienne.

Antique anchor reconstructionOltre a ciò il Museo presenta una notevole collezione di vasi, sculture e oggetti dell'antica Grecia e Roma, una raccolta di sculture cipriote e l'unica raccolta di reperti egiziani.
La collezione numismatica conta più di 50 mila monete di tutti i paesi e le epoche.
I ricercatori del museo sono attivamente impegnati nell'archeologia classica e sono pure presenti specialisti dell'età del bronzo.
Il Museo ha collaborato, in tempi recenti, nell'organizzazione di mostre dei propri reperti all'estero. Una di queste mostre si è tenuta nel 1976 a Marsiglia e costituisce il modello espositivo proposto dalla direzione del Museo all'attenzione del mondo culturale italiano.


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01 giugno 2009

Missione Zmeinyj 1991

di Orlando Pandolfi

Spedizione archeosub italo-sovietica nel Mar Nero. Per la prima volta l'Italia è chiamata a collaborare nel settore dalle autorità sovietiche

Archeoclub d`Italia-Antiqua-Missione Zmeinyj 1991-1Ambra diffusa tutto attorno alla chiglia della nave, acqua tesa da una insistente corrente e le sponde dell`Isola Zmeinyj, della sua baia settentrionale.

Se la nostra immaginazione aveva tratto indistinte visioni di sponde rocciose ed onde scure dalle foto in bianco e nero, consegnateci dagli Ucraini durante le numerose missioni preparatorie ad Odessa, la brezza del mattino svela ora il vero volto di questo ultimo lembo di terra sovietica al largo del delta del Danubio, nel Mar Nero.
La dolcezza ondulata dell'isola si frange in grandi dirupi a mezzogiorno mentre a ponente degrada e si intarsia in scogli frammisti a ciuffi sporadici di vegetazione. È giocoforza per noi italiani correre sul ponte di comando, ed osservare in silenzio il mare color ambra, luminescente, l'isola inospitale coperta da una selva di radar militari in rapido movimento, l'alto faro al vertice della radura.
La torbidità delle acque sembra sancire la fine ingloriosa di tante fatiche e speranze: in mezzo al rumore sordo delle macchine della nave e allo scroscio della catena dell'ancora data alla fonda le nostre speranze di lavorare in tranquillità, realizzando precisi rilevamenti archeosub e riprese videofotosub, sembrano frantumarsi.

Volgo lentamente il capo e guardo Luciano: insieme incontriamo Archeoclub d`Italia-Antiqua-Missione Zmeinyj 1991-2 gli occhi delusi di Lorenza.
I sovietici, nostri compagni di spedizione, escono anch'essi dal ventre della nave Tibya, ove hanno già organizzato i loro laboratori e predisposto le attrezzature.
I binocoli riescono a scorgere sulle sponde l'eccitazione che ha causato il nostro apparire all'orizzonte mentre un gigantesco elicottero sulla cui fusoliera spicca una netta stella rossa è immobile accanto agli acquartieramenti della guarnigione militare.

Per la prima volta si riunisce lo staff di coordinamento e sotto il telone steso su di un tavolo spartano si decide di immergersi non appena dall'isola giungerà il permesso del governatore militare: il comandante ed il primo ufficiale si alternano alla radio in attesa della risposta.

Juri Mourzin sceglie assieme a Volodia una coppia di sovietici che si affiancherà a me e Luciano per questa prima immersione della missione: l'acqua gialla segna al termometro 25'C, mentre intorno ai 10 metri il nostro scandaglio rileva una temperatura di appena 7'C.

I preparativi sono rallentati dalla latitanza del comando dell'isola che non risponde alle nostre chiamate radio, e la tensione cresce, lenita solo dalla programmazione dell'immersione e dalla curiosità dei sovietici che provano le attrezzature Seac che abbiamo portato loro in dono, eccetto i giubbetti equilibratori per i quali abbiamo in progetto un breve stage didattico nei tempi morti della spedizione.

Archeoclub d`Italia-Antiqua-Missione Zmeinyj 1991-3I sovietici insistono perché anche la nostra coppia proceda all'esplorazione legata con una sagola di tre metri, fissata ai polsi: al nostro rifiuto scuotono la testa, sicuri del fallimento della nostra immersione.

Solo diverse ore dopo il grande elicottero si solleva dal suolo dell'isola portando con sé un alto dignitario militare e la nostra barca appoggio può essere calata in mare assieme al più maneggevole gommone Eurovinil.

A bordo le nostre due coppie e gli assistenti di superficie tra cui Pavel, medico specializzato iperbarico
dell'ospedale di Odessa.
Di li a poco siamo vicini alla costa sul campo archeologico che avevo studiato a tavolino nelle dettagliate descrizioni dei sovietici.
Proviamo la custodia videosub Nimar e i fari mentre immergiamo le nostre maschere nel torbido e costatiamo come la visibilità sia praticamente nulla. I sovietici aspettano il nostro segnale e quindi scivoliamo nel caldo silenzio dell'acqua quasi fluviale, maledicendo le piene del Danubio.

Scendiamo a stretto contatto mentre la luminosità diffusa si trasforma in una nebbia sempre più scura e la temperatura cala rapidamente: i subacquei dell'AGAT-Navarex di Odessa sono scomparsi sprofondando negli inferi di quel mare a noi sconosciuto.
Il termoclino arriva improvviso, sconvolgente ed il corpo trema al fiotto dei 7'C.
Scivoliamo ancora e siamo nel buio assoluto, cosi lontani dal sole estivo che abbiamo lasciato in superficie.
Ci tocchiamo e all'unisono accendiamo gli illuminatori.
Si vede, la missione è salva! Le meduse lente, rada sospensione, il silenzio del nero. Strati immobili di acqua, freddo e stasi hanno sostituito il fango giallo dei primi metri.

Archeoclub d`Italia-Antiqua-Missione Zmeinyj 1991-4Ci segnaliamo felici, la telecamera comincia a riprendere mentre mi sento toccare sulla spalla dai subacquei sovietici che sono riapparsi guidati dalle nostre luci.

La lunga sagola chiara li collega e i loro occhi seguono felici i fasci di luce dei nostri illuminatori che rischiarano il mare profondo evidenziando il fondale ondulato ed infine un'ancora ammiragliato mascherata a malapena da organismi marini e sedimento.

Questa la cronaca della prima immersione della spedizione archeosub italo-sovietica Zmeinyj 91 che il Gruppo Subacqueo "Antonio Novi" dell'Archeoclub d'Italia ed il Navarex club di Odessa (Urss) hanno effettuato dal 14/6 al 30/6 1991 nelle acque del Mar Nero.

La spedizione Zmeinyj 91, prima di una serie di importantissime iniziative nell'ambito di un più complessivo accordo culturale triennale, è stata organizzata dai seguenti enti ed istituti:

– Gruppo Novi dell'Archeoclub d'Italia, Istituto Italiano di preistoria e protostoria e Servizio Tecnico
per l'Archeologia subacquea del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali (l'Italia) ;
– Agat-Navarex di Odessa, Università di Odessa, Museo Archeologico di Odessa (l'Unione Sovietica).

NOTE SINTETICHE
SULLA MISSIONE ZMEINYJ 1991


Organizzata e condotta da: Gruppo operativo subacqueo nazionale "Antonio Novi" dell'Archeoclub d'Italia, Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Archeoclub d'Italia sede di Pisa

Accademia delle Scienze di Ucraina, Museo Archeologico di Odessa,
Agat – Navarex Odessa

Sedi Archeoclub d'Italia che hanno coadiuvato gli operatori del Gruppo Antonio Novi
Archeoclub d'ltalia Sedi di Pisa, Siena, Torino.

Essa è stata originata da una coraggiosa richiesta di supporto tecnico all'Archeoclub Archeoclub d`Italia-Antiqua-Missione Zmeinyj 1991-5 del Prof. S. Kravchenko, dell'Università di Odessa, Presidente dell'ass.culturale Agat e di Juri Mourzin, suo collaboratore e Presidente del Gruppo Sub Navarex.

La spedizione, che ha inaugurato la cooperazione internazionale archeosub in quelle acque, ha percorso ben 606 miglia nautiche nel Mar Nero, con arrivo e partenza dal porto di Odessa, raggiunta via terra con due minibus, attraversando Austria, Ungheria, Romania, Moldavia ed Ucraina.

Una nave appoggio (mv/Tibya Fedosia URSS) di 84 metri di lunghezza con 20 uomini di equipaggio e dotata di una completa dotazione di supporto alla ricerca archeosub ha permesso di effettuare la complessa prospezione.

Il team di ricerca era composto da 10 operatori italiani ed 8 sovietici, un interprete ed uno staff di coordinamento composto dal Dott. S.B. Ohotnikov (Responsabile Scientifico), dall'Ing. O. Pandolfi (Responsabile tecnico-operativo), da L. Di Lupo (coordinatore Video fotosub), dalla Dott.ssa L.Saracco (Coordinatrice Progetto Zmeinyj 91) e da J. Mourzin (Contatti autorità).

Sono stati attrezzati alcuni laboratori che hanno permesso di coprire le esigenze scientifiche della spedizione e di portare a termine ricerche biologiche, geologiche ed archeologiche, mentre i sovietici sono stati addestrati all'uso dell'attrezzatura italiana che gli è stata donata a fine missione.

Sono state eseguite ben 119 immersioni completamente documentate ad una profondità media di circa 20 metri.
La spedizione archeosub aveva comunque come primo obiettivo la prospezione di numerosi siti che mai prima erano stati controllati con le metodologie standard di ricerca archeologica subacquea.

Archeoclub d`Italia-Antiqua-Missione Zmeinyj 1991-6Il lavoro svolto presso l'isola militare di Zmeinyj, in condizioni operative limite per la visibilità e la presenza di un termoclino vistosissimo (dai 25'C in superficie ai 7'C intorno agli 11 m.), permetterà la razionalizzazione degli interventi futuri: gli operatori internazionali sono riusciti a montare un campo di ricerca e a recuperare frammenti ceramici che confermano in parte le notizie storiche dell'isola, antica sede di un tempio dedicato all'eroe Achille.

È a questo punto necessario fornire alcune utili informazioni sull'Isola di Zmeinyj, o Isola dei Serpenti, che si trova adagiata a 45 miglia al largo di Kilija, città situata giusto presso la foce del Danubio, in territorio sovietico.



ALCUNI DATI SULLA SPEDIZIONE
Periodo: 14/28 giugno 1991

Coordinamento: Archeoclub d'Italia Gruppo Novi, Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Servizio Tecnico per l'Archeologia subacquea del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali, Museo Archeologico di Odessa, Università di 0dessa, Navarex-Agat Odessa

Rotta nel Mar Nero: circa 600 miglia marine – Isola di Zmeinyj – Crimea: golfo Karagik, Capo Tarkhankut, Capo Sudak.

Obiettivi conseguiti: a) ricerche archeosub con prospezioni intorno all'isola di Zmeinyj con rinvenimento di materiale ceramico, rinvenimento di un relitto di probabile epoca medioevale nei pressi di Capo Sudak, in Crimea; b) trasferimento di tecnologia (attrezzature e know-how) nel campo dei beni culturali.

Nave d`appoggio Tibya URSS 1988 (stazza 1500 t, 84 m. di lunghezza, 15 m. di larghezza, 60 mq di laboratori attrezzati, sistemi radar e radio, sistema satellitare per il punto nave, equipaggio di 20 uomini, 10 scienziati italiani e 10 sovietici, centro di calcolo).

Laboratori attivati: archeologico, geologico, fotografico, elaborazione dati, manutenzione attrezzatura sub, didattico 17 giugno 1991 Conferenza Internazionale di presentazione e inaugurazione della spedizione ad Odessa con rappresentanti del Governo e della Accademia delle Scienze Ucraina e con la partecipazione di tutti i più importanti mezzi di informazione sovietici.

L'isola Zmeinyj appare al navigante da molto lontano, sotto forma di coste alte e dirupate, sollevandosi dalle onde con un'altezza variabile tra i 12 e i 30 metri.

La sua superficie è di appena 0,18 Km2. Essa è un avamposto marittimo: un fato illumina le notti del Mar Nero dal 1837. Il primo sommario rilievo topografico risale al 1823 e si deve al certosino lavoro dell'ufficiale della marina russa: l'idrografo Kritskij. Ciò che però la rende singolare è la sua antica destinazione a luogo sacrale, dedicato all'eroe della guerra troiana Achille.
Infatti la posizione di questo lembo di terra lo inseriva in quel grande flusso di persone, materiali, idee e cultura che percorse le correnti di quel mare nelle diverse epoche.
Molte le notizie storiche sul tempio e sul culto dell'Eroe nell'isola, a questo esclusivamente adibita.

Da Pindaro ad Euripide a Filostrato, numerosi autori ci tramandano diversi importanti riferimenti.
E cosi sappiamo della successione storica dei protettorati delle città costiere, quali Olbia e Toma, mentre possiamo intuire la grandiosità e magnificenza del Tempio, ormai distrutto, le cui pietre furono usate il secolo scorso per la costruzione delle installazioni marittime.

L'importanza del sito ha spinto ad intraprendere studi e scavi a partire da quelli condotti nel 1839 dagli ufficiali della guarnigione su ordine del governatore di Bessarabia, Fiodorov. In epoca più recente si sono invece svolte delle regolari campagne da parte dei ricercatori del Museo Archeologico di Odessa che hanno dovuto comunque constatare i danni arrecati dai precedenti approssimativi interventi.

Nel 1989 si è inoltre proceduto ad una campagna di ricerca subacquea, condotta dal gruppo Navarex, guidato da Juri Mourzin che ha dato modo di individuare un sito di ancoraggio e numerosi reperti, tra i quali anfore, ancore di diverso tipo e provenienza, resti marmorei. La direzione del Museo Archeologico di Odessa e i subacquei del Circolo ucraino hanno quindi deciso di contattare l'Archeoclub d'Italia che oltre a garantire professionalità e potenzialità operative, corrisponde alle esigenze di un intervento a tutela e valorizzazione di un bene culturale che non appartiene solo all'Unione Sovietica ma è patrimonio comune della cultura internazionale.

Come si è detto la spedizione non ha toccato solo l'Isola dei Serpenti ma anche alcuni siti in Crimea ove si sono ottenuti i risultati più sensazionali: resti di anfore e pithoi, contenitori e piatti, hanno permesso di individuare un probabile relitto di epoca medioevale (XI-XII sec.)in una baia prossima ai grandiosi resti della fortezza genovese di Sudak, avamposto militare e commerciale della antica
repubblica marinara italiana. Alcuni giorni di lavoro hanno permesso di ottenere una prima descrizione del sito; il materiale recuperato per uno studio più accurato è attualmente conservato presso il Museo Archeologico di Odessa.

Tutto quanto si è appena riportato, costituisce di per sé un motivo di grande interesse per il mondo della scienza e quello della subacquea, ma ancora più importanti sono le prospettive future che l'Archeoclub d'Italia ha aperto per il mondo culturale. Certa di offrire un servizio utile alla collettività, l'Associazione è riuscita a stabilire un primo ponte tra Museo ed Università di Odessa e Università, Dipartimenti e lo stesso Ministero per i Beni Culturali e Ambientali in Italia.
La spedizione Zmeinyj 1991 non rimarrà cosi un fatto isolato ma sarà inquadrata in un concreto piano di lavoro che andrà avanti negli anni, trasformando l'operosa attività di pochi volontari in risultati scientifici. Si prevedono, infatti, scambi di Docenti e Ricercatori, di Mostre itineranti, di pubblicazioni, consolidando il rapporto millenario che esiste tra quelle coste e la nostra Italia, frutto di continui scambi che proprio nel mare trovarono il naturale vettore.

La prima missione effettuata quest'estate non è perciò che un pròdromo di una intensa futura attività.
Essa ha intanto permesso di perseguire i seguenti importantissimi obiettivi:

1) ottenere una prima serie di informazioni complessive sui fondali dell'Isola di Zmeinyj e di alcuni siti in Crimea per pianificare le successive spedizioni comuni. Sono state eseguite prospezioni e si sono rilevati dati archeologici, geologici, biologici, etc. ;

2) sperimentare l'applicazione ad un caso reale di discipline complementari all'archeologia subacquea (es.: informatica, ingegneria, geologia, etc.) ;

3) sperimentare l'operatività di un team archeosub volontario in una missione internazionale e dunque sperimentare una metodologia applicabile in casi analoghi;

4) sperimentare la trasferibilità delle tecnologie di immersione dall'Italia all'Unione Sovietica;

5) sperimentare la possibilità di trasferimento delle tecnologie operative nel campo specifico dell'archeologia subacquea allo scopo di uniformare le metodologie.

Un inverno di studio attende ora gli operatori del gruppo A. Novi che si preparano per la futura seconda spedizione con il prezioso aiuto degli sponsor tra cui ricordiamo:

la Barclays Leasing di Torino, l'ACOGES – Azienda Consortile Gas di Pisa, ed inoltre Il Foto Amatore di Pisa, la Seac di Carasco (GE), la Plastmeccanica-Nimar di Correggio (RE), il Centro Foto-Ottico Subacqueo di Genova, la Provincia di Pisa, Foto Leone di Torino, la Sokkisha di Torino, l'Eurovinil di Grosseto, l'EFFEZ di Fornacette (PI) e la Chasprom Vremex dell'URSS.

GLI OPERATORI DELLA SPEDIZIONE ZMEINYJ 1991

Coordinamento scientifico archeologico
Dott. Serghei Okhotnikov (URSS)

Coordinamento tecnico operativo:
Ing. Orlando Pandolfi (Italia)

Staff:
Luciano Di Lupo (Italia) coordin. videofoto, Dott. Lorenza Saracco (Italia) resp. progetto,
Ing. Juri Mourzin (URSS) contatti autorità.

Operatori italiani:
Giulio Arnò (trasporti), Dott. Piero Dell'Amico (archeologo sub), Dott. Jasmine La Morgia (geologo), Roberto Lucchesi (attrezz. sub), Dott. Francesco Nachira (elab dati), Alessandro Raveggi (oper. spec.), Riccardo Giomi (oper. sub ).

Operatori sovietici:
Alexander Tereshenko, Igor Gontaruk, Pavel Simonenko, Serghei Grabovetskij,
Konstantin Novikov, Vadim Mushta, Vladimir Osadchij

Team logistico a terra (Odessa):
Fabrizio Barsotti (comunicazioni), Dott. Paolo Lorenzini (interprete).

ANTIQUA – anno XVI – Nn.4-5 – Luglio-Ottobre – 1991


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20 aprile 2009

Olvia sogno perduto

di Jasmine la Morgia
ANTIQUA-Speciale Archeologia Subacquea
1993

Archeoclub d`Italia/Olvia sogno perduto-1Lo si capisce quando si arriva al margine estremo della falesia che si affaccia sul Mar Nero: lì, dove termina la steppa ed inizia il mare, transizione siglata dalla foce del Bug, uno dei fiumi che attraversano la steppa ucraina e si uniscono al più noto Dnepr a pochi chilometri dal mare. Un corso d'acqua è quasi sempre il luogo privilegiato che consente e facilita gli insediamenti e sul Bug – 1'antico Hypanis – si affaccia ancora oggi Olvija «la felice» L'origine greca del nome è esplicita, testimonia 1'arrivo delle colte genti di Mileto in questo lembo di Mediterraneo (anche 1'Olbia sarda e quella francese sono il frutto dell`espansione greca).

Lo spirito pragmatico e scientifico degli ionici aveva visto nelle colonie sul Mar Nero il luogo ove scambiare il grano delle steppe con i prodotti tecnologici di produzione greca (vasellame, utensili), ma, oltre agli interessi commerciali, 1'Olvija pontica, rispetto alle altre colonie della Crimea, si carica di una partico1are importanza e suggestione e diventa per noi, come per i greci, un «sogno perduto».

I Milesi che arrivarono qui nel VII secolo a.C., spinti dalle loro conoscenze astronomiche eArcheoclub d`Italia/Olvia sogno perduto-2 marinare, scelsero Olvija come sede della loro colonia, facendola bella e grande al punto che nel IV secolo a.C. contava 15.000 abitanti. Nel luogo d'incontro tra steppa e mare delimitarono il loro spazio con la costruzione della cinta muraria e del porto, organizzarono la loro vita sociale ed eressero i grandi templi di Zeus ed Apollo Delfinio.

Pero, i greci delle colonie non riuscirono mai ad integrarsi nell'ambiente sociale delle popolazioni locali, intrattenevano fiorenti scambi commerciali e culturali, ma erano lontani da alleanze ed egemonie politico-militari che avrebbero garantito loro la stabilita politica. Così i Geti, popolazione di origine tracia provenienti di penisola balcanica, nel 50 a.C. rasero al suolo la città, soppiantando anche gli originari dominatori di quest'area, gli Sciti.

Gli Sciti erano pastori, fierissimi e dotati di un'arte originale, legata alla loro dimensione etnologica di genti abituate alle durezze dei cicli naturali ed alla forza del loro animale simbolo, il cavallo. Lo «stile animalistico» della loro arte e nello spirito della produzione artistica delle genti nomadi. Con tali elementi gli antichi dominatori sciti contribuirono in modo determinante alla formazione culturale di quest'area. Furono gli Sciti a volere che il sogno di Olvija «la felice» riprendesse dopo la distruzione da parte dei Geti. L'Olvija scitica è, pero, una città diversa, dall'aria rivolta ad Oriente ed è in questo contento che arrivano i Romani, ed è solo grazie alla loro protezione che essa potè conservare la propria indipendenza e la matrice culturale greca.

Ma, l'influenza romana consisteva in concreto in una guarnigione che ben poco potè, o volle, resistere all'invasione dei Goti. Siamo nel III secolo d.C., quando 1'importanza come porto sul Mar Nero e ormai venuta meno a causa del progressivo insabbiamento dovuto all'avanzare della steppa e all'innalzamento del livello del mare, che sommerse le strutture portuali della città.

Archeoclub d`Italia/Olvia sogno perduto-3Olvija non risorgerà piu. Dal IV secolo d.C. è giunta praticamente sigillata fino ai nostri giorni, nonostante le immani predazioni subite. Le pietre delle sue case e dei suoi templi sono state utilizzate come materiale da costruzione, in una regione priva di alberi e cave. Si racconta che gli abitanti di Parutino, il piccolo villaggio a pochi chilometri dalla città, abbiano trovato numero tesori: sicuramente gli scavi iniziati nel 1918 da Farmakovski hanno portato alla luce splendidi monili e vasellame, ma quanto sia stato asportato dai kurgan (le tombe a tumulo scitiche), dai templi o dalle case ellenistiche e storia che può ben essere immaginata.

Olvija, così cancellata dalle carte geografiche e dalla memoria a causa di eventi naturali ed umani, è riemersa dal passato con i contorni di un sogno perduto. Un sogno recuperato grazie all'estrema volontà di un pugno di archeologi ucraini, che faticosamente ne stanno recuperando le tracce perdute.

L`Accademia delle Scienze e I'Istituto Archeologico ucraino hanno scavato l'area greca, la parte ellenistica e quella romana. Ma lavorare in un'area vasta 30 ettari, a 150 chilometri dalla città piu vicina non è semplice, costa denaro e fatica, elemento il primo quasi sempre assente. Per scavare giungono gli universitari di Kiev, ragazzi che scelgono di trascorrere le loro vacanze nel campo archeologico di Olvija, organizzati, come ai tempi degli Sciti in una tendopoli che appare all'improvviso in una valletta del promontorio.

La valle delle jurte (non si tratta delle classiche tende di feltro del Turkestan, ma sono abbastanza simili) sembrava un'immagine strappata al Milione di Marco Polo.

Responsabile sede di OdessaAnche noi di Archeoclub eravamo lì come ambasciatori di una speranza: il recupero, lo studio e la conservazione delle testimonianze del passato è il filo ideale che rende più certe e consapevoli le motivazioni del nostro presente. Mentre gli studenti di Kiev riportavano alla luce le abitazioni sui terrazzi costieri, segno di un preciso gusto estetico paesaggistico di chi le aveva costruire, i subacquei di Archeoclub d'Italia, insieme ai soci ucraini della sede di Odessa, hanno cercato nelle scure acque del Bug le testimonianze dell'antico porto.

Fare archeologia subacquea in Crimea e difficile: uno scavo subacqueo e impegnativo. Occorrono mezzi e tecnici preparati, lo è di piu in un paese straniero e privo di risorse economiche quale 1'Ucraina, ove i colleghi sub di Odessa guardano ammirati le nostre attrezzature. Frutto per loro irraggiungibile del nostro benessere. Cosi fra le difficoltà della lingua, problemi tecnici e condizioni di visibilità quasi nulle riusciamo a confermare la presenza di strutture sommerse, forse legate ai magazzini del porto. Rimane ancora da realizzare la delimitazione della parte sommersa di Olvija, che si valuta sepolta sotto 5 metri di acqua e protesa verso il mare per circa 200 m.

È il sogno perduto di Olvija, il sogno dei coloni milesi, il sogno degli Sciti che la fece risorgere, il sogno degli archeologi ucraini che scavano a terra, il sogno dei subacquei italiani che cercano I'antico porto, è il sogno degli amici ucraini, il gruppo di Odessa ed i ragazzi di Kiev. È l'emozione di un luogo posto ai limiti, là dove si confondono il mare e la steppa.

La missione «Olvija 93» è stata realizzata grazie al supportoArcheoclub d`Italia/Olvia sogno perduto-4 tecnico-scientifico dello STAS (ServizioTecnico per 1'Archeologia Subacquea del Ministero per i Beni Culturali), alla cooperazione scientifica tra 1'archeologo subacqueo Piero Dell'Amico, il professor Kryzhitskij, la dottoressa V.Krapivina dell`Accademia delle Scienze della Repubblica Ucraina ed il Museo Archeologico di Odessa.

La collaborazione tecnica e la solidarietà umana tra il Club Navarex di Odessa, che costituisce la locale sezione di Archeoclub, ed il gruppo «A. Novi», hanno concretizzato gli obiettivi della collaborazione italo-ucraina.

La missione è stata resa possibile dal supporto delle società Think Pink e De Longhi.

È IL SOGNO PERDUTO DI OLVIJA, IL SOGNO DEI COLONI MILESI, IL SOGNO DEGLI SCITI CHE LA FECERO RISORGERE, IL SOGNO DEGLI ARCHEOLOGI UCRAINI CHE SCAVANO A TERRA, IL SOGNO DEI SUBACQUEI ITALIANI CHE CERCANO L'ANTICO PORTO, E IL SOGNO DEGLI AMICI UCRAINI, I RAGAZZI DI ODESSA E DI KIEV


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