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20 aprile 2009

Olvia sogno perduto

di Jasmine la Morgia
ANTIQUA-Speciale Archeologia Subacquea
1993

Archeoclub d`Italia/Olvia sogno perduto-1Lo si capisce quando si arriva al margine estremo della falesia che si affaccia sul Mar Nero: lì, dove termina la steppa ed inizia il mare, transizione siglata dalla foce del Bug, uno dei fiumi che attraversano la steppa ucraina e si uniscono al più noto Dnepr a pochi chilometri dal mare. Un corso d'acqua è quasi sempre il luogo privilegiato che consente e facilita gli insediamenti e sul Bug – 1'antico Hypanis – si affaccia ancora oggi Olvija «la felice» L'origine greca del nome è esplicita, testimonia 1'arrivo delle colte genti di Mileto in questo lembo di Mediterraneo (anche 1'Olbia sarda e quella francese sono il frutto dell`espansione greca).

Lo spirito pragmatico e scientifico degli ionici aveva visto nelle colonie sul Mar Nero il luogo ove scambiare il grano delle steppe con i prodotti tecnologici di produzione greca (vasellame, utensili), ma, oltre agli interessi commerciali, 1'Olvija pontica, rispetto alle altre colonie della Crimea, si carica di una partico1are importanza e suggestione e diventa per noi, come per i greci, un «sogno perduto».

I Milesi che arrivarono qui nel VII secolo a.C., spinti dalle loro conoscenze astronomiche eArcheoclub d`Italia/Olvia sogno perduto-2 marinare, scelsero Olvija come sede della loro colonia, facendola bella e grande al punto che nel IV secolo a.C. contava 15.000 abitanti. Nel luogo d'incontro tra steppa e mare delimitarono il loro spazio con la costruzione della cinta muraria e del porto, organizzarono la loro vita sociale ed eressero i grandi templi di Zeus ed Apollo Delfinio.

Pero, i greci delle colonie non riuscirono mai ad integrarsi nell'ambiente sociale delle popolazioni locali, intrattenevano fiorenti scambi commerciali e culturali, ma erano lontani da alleanze ed egemonie politico-militari che avrebbero garantito loro la stabilita politica. Così i Geti, popolazione di origine tracia provenienti di penisola balcanica, nel 50 a.C. rasero al suolo la città, soppiantando anche gli originari dominatori di quest'area, gli Sciti.

Gli Sciti erano pastori, fierissimi e dotati di un'arte originale, legata alla loro dimensione etnologica di genti abituate alle durezze dei cicli naturali ed alla forza del loro animale simbolo, il cavallo. Lo «stile animalistico» della loro arte e nello spirito della produzione artistica delle genti nomadi. Con tali elementi gli antichi dominatori sciti contribuirono in modo determinante alla formazione culturale di quest'area. Furono gli Sciti a volere che il sogno di Olvija «la felice» riprendesse dopo la distruzione da parte dei Geti. L'Olvija scitica è, pero, una città diversa, dall'aria rivolta ad Oriente ed è in questo contento che arrivano i Romani, ed è solo grazie alla loro protezione che essa potè conservare la propria indipendenza e la matrice culturale greca.

Ma, l'influenza romana consisteva in concreto in una guarnigione che ben poco potè, o volle, resistere all'invasione dei Goti. Siamo nel III secolo d.C., quando 1'importanza come porto sul Mar Nero e ormai venuta meno a causa del progressivo insabbiamento dovuto all'avanzare della steppa e all'innalzamento del livello del mare, che sommerse le strutture portuali della città.

Archeoclub d`Italia/Olvia sogno perduto-3Olvija non risorgerà piu. Dal IV secolo d.C. è giunta praticamente sigillata fino ai nostri giorni, nonostante le immani predazioni subite. Le pietre delle sue case e dei suoi templi sono state utilizzate come materiale da costruzione, in una regione priva di alberi e cave. Si racconta che gli abitanti di Parutino, il piccolo villaggio a pochi chilometri dalla città, abbiano trovato numero tesori: sicuramente gli scavi iniziati nel 1918 da Farmakovski hanno portato alla luce splendidi monili e vasellame, ma quanto sia stato asportato dai kurgan (le tombe a tumulo scitiche), dai templi o dalle case ellenistiche e storia che può ben essere immaginata.

Olvija, così cancellata dalle carte geografiche e dalla memoria a causa di eventi naturali ed umani, è riemersa dal passato con i contorni di un sogno perduto. Un sogno recuperato grazie all'estrema volontà di un pugno di archeologi ucraini, che faticosamente ne stanno recuperando le tracce perdute.

L`Accademia delle Scienze e I'Istituto Archeologico ucraino hanno scavato l'area greca, la parte ellenistica e quella romana. Ma lavorare in un'area vasta 30 ettari, a 150 chilometri dalla città piu vicina non è semplice, costa denaro e fatica, elemento il primo quasi sempre assente. Per scavare giungono gli universitari di Kiev, ragazzi che scelgono di trascorrere le loro vacanze nel campo archeologico di Olvija, organizzati, come ai tempi degli Sciti in una tendopoli che appare all'improvviso in una valletta del promontorio.

La valle delle jurte (non si tratta delle classiche tende di feltro del Turkestan, ma sono abbastanza simili) sembrava un'immagine strappata al Milione di Marco Polo.

Responsabile sede di OdessaAnche noi di Archeoclub eravamo lì come ambasciatori di una speranza: il recupero, lo studio e la conservazione delle testimonianze del passato è il filo ideale che rende più certe e consapevoli le motivazioni del nostro presente. Mentre gli studenti di Kiev riportavano alla luce le abitazioni sui terrazzi costieri, segno di un preciso gusto estetico paesaggistico di chi le aveva costruire, i subacquei di Archeoclub d'Italia, insieme ai soci ucraini della sede di Odessa, hanno cercato nelle scure acque del Bug le testimonianze dell'antico porto.

Fare archeologia subacquea in Crimea e difficile: uno scavo subacqueo e impegnativo. Occorrono mezzi e tecnici preparati, lo è di piu in un paese straniero e privo di risorse economiche quale 1'Ucraina, ove i colleghi sub di Odessa guardano ammirati le nostre attrezzature. Frutto per loro irraggiungibile del nostro benessere. Cosi fra le difficoltà della lingua, problemi tecnici e condizioni di visibilità quasi nulle riusciamo a confermare la presenza di strutture sommerse, forse legate ai magazzini del porto. Rimane ancora da realizzare la delimitazione della parte sommersa di Olvija, che si valuta sepolta sotto 5 metri di acqua e protesa verso il mare per circa 200 m.

È il sogno perduto di Olvija, il sogno dei coloni milesi, il sogno degli Sciti che la fece risorgere, il sogno degli archeologi ucraini che scavano a terra, il sogno dei subacquei italiani che cercano I'antico porto, è il sogno degli amici ucraini, il gruppo di Odessa ed i ragazzi di Kiev. È l'emozione di un luogo posto ai limiti, là dove si confondono il mare e la steppa.

La missione «Olvija 93» è stata realizzata grazie al supportoArcheoclub d`Italia/Olvia sogno perduto-4 tecnico-scientifico dello STAS (ServizioTecnico per 1'Archeologia Subacquea del Ministero per i Beni Culturali), alla cooperazione scientifica tra 1'archeologo subacqueo Piero Dell'Amico, il professor Kryzhitskij, la dottoressa V.Krapivina dell`Accademia delle Scienze della Repubblica Ucraina ed il Museo Archeologico di Odessa.

La collaborazione tecnica e la solidarietà umana tra il Club Navarex di Odessa, che costituisce la locale sezione di Archeoclub, ed il gruppo «A. Novi», hanno concretizzato gli obiettivi della collaborazione italo-ucraina.

La missione è stata resa possibile dal supporto delle società Think Pink e De Longhi.

È IL SOGNO PERDUTO DI OLVIJA, IL SOGNO DEI COLONI MILESI, IL SOGNO DEGLI SCITI CHE LA FECERO RISORGERE, IL SOGNO DEGLI ARCHEOLOGI UCRAINI CHE SCAVANO A TERRA, IL SOGNO DEI SUBACQUEI ITALIANI CHE CERCANO L'ANTICO PORTO, E IL SOGNO DEGLI AMICI UCRAINI, I RAGAZZI DI ODESSA E DI KIEV


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